I° Triumvirato da Plutarco

Frattanto le guerre galliche avevano reso grande Cesare: si pensava che fosse lontanissimo da Roma, impegnato con i Belgi, i Suebi e i Britanni, e non ci si rendeva conto che, grazie alla sua abilità, era presente in mezzo al popolo e negli affari più importanti, impegnato a tessere intrighi politici contro Pompeo. Esercitava infatti, come si esercita il corpo, la forza militare da cui era circondato, non impegnandola davvero contro i barbari, ma in schermaglie contro di loro, simili a battute di caccia: con questi allenamenti la preparava ad essere invincibile e tremenda. Inviava a Roma l’oro, l’argento e le altre spoglie e ricchezze strappate a tanti nemici per accattivarsi con doni le simpatie e contribuire alle spese degli edili, dei pretori, dei consoli e delle loro mogli: in tal modo si guadagnava dei sostenitori. Così quando, superate le Alpi, passò l’inverno a Lucca, una moltitudine di uomini e di donne e fece a gara per accorrere da lui e, fra gli altri, duecento senatori, tra cui Pompeo e Crasso: davanti alla sua porta furono visti centoventi di proconsoli e di pretori. Egli congedava tutti carichi di speranze e di ricchezze, ma con Grasso e Pompeo strinse dei patti: che essi, cioè, si sarebbero candidati per il consolato e che egli li avrebbe appoggiati inviando un gran numero di propri soldati a votare per loro, a condizione che non appena elettisi facessero attribuire delle province e degli eserciti, e lo confermassero nella sua carica e nelle sue funzioni per altri cinque anni.* Una volta che questi accordi furono divulgati i cittadini più in vista se ne sdegnarono, e Marcellino,** alzandosi di fronte ai due nell’assemblea popolare, chiese esplicitamente se si sarebbero candidati per il consolato. E poiché il popolo li sollecitava a rispondere, Pompeo per primo disse che forse si sarebbe presentato e forse no. Crasso invece, in modo più politico, disse che avrebbe fatto quello che riteneva più utile per lo Stato. Poiché, d’altra parte, Marcellino incalzava Pompeo e non lasciava la presa apparendo molto aggressivo, Pompeo esclamò che Marcellino era il più ingiusto degli uomini, perché non aveva alcuna riconoscenza per essere divenuto, proprio grazie a lui, da muto eloquente e, da affamato, sazio fino al vomito.

*L’incontro di Lucca, che ebbe luogo nell’aprile del ’56 a.c., è menzionato anche in Cras. 14, 6-7, Caes. 21, 3-9 e Cato Min. 41, 1-2.
**Gneo Lentulo Marcellino, console nel ’56, era stato uno dei luogotenenti di Pompeo nella guerra contro i pirati.

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